Il medico blu di Paul Féval –
Repubblica o monarchia? Bisogna decidere e schierarsi nella Francia della rivoluzione.
- Titolo: Il medico blu
- Autore: Paul Féval
- Traduttore: Roberta Cavallo
- Lingua: Italiano
- Formati: kindle, copertina flessibile
- Editore: Oakmond Publishing (2021)
- Generi: Romanzo, Romanzo storico, Narrativa
Il romanzo tratteggia un’ardente contesa nella Bretagna dell’anno 1794, quando la Francia intera è lacerata da aspri conflitti intestini e si consuma il tentativo dei partigiani realisti di attuare il disegno politico di restaurazione della monarchia tradizionale, cui si oppone la dura e sanguinosa repressione repubblicana. Su questo sfondo storico, i personaggi agiscono impetuosamente, mossi dai loro saldi princìpi, e giungendo fino alle estreme conseguenze pur di difendere strenuamente i loro alti ideali.
Paul Féval
Paul Henri Corentin Féval, detto anche Féval padre, era figlio di un uomo di fede cattolica e monarchica e di una madre bretone, dei dintorni di Redon.
Intraprese studi giuridici e divenne avvocato, per poi abbandonare la professione legale e ottenere fama e celebrità grazie ai romanzi d’appendice, tra cui è rimasto memorabile nella storia letteraria il ciclopico romanzo Les Mystères de Londres, basato sul suo modello ispiratore, Les Mystères de Paris, di Eugène Sue. Scrittore prolifico, la sua opera omnia si compone di oltre 200 titoli.
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Il medico blu:
I
Sainte
Il borgo di Saint-Yon è pittorescamente adagiato in groppa a una collina, la cui cima è coronata di alberi secolari. Ai piedi della collina si estende una vasta palude, una sorta di lago, che bagna a perdita d’occhio la campagna di Redon e i confini del dipartimento d’Ille-et-Vilaine. Il borgo è attraversato da una sola via, lungo la quale si ammassano, formando un anfiteatro, le case grigie e ricoperte di stoppie. Questa catena di case, che discende tortuosamente la montagna, pare, da lontano, un gigantesco serpente intorpidito al sole mentre si abbevera alla placida acqua della palude.
Nell’anno 1794, Monsieur de Vauduy era il proprietario del castello di Rieux, l’antica residenza dei signori del casato, situato a non più di una mezza lega da Saint-Yon. Monsieur de Vauduy era un uomo sulla cinquantina, freddo, severo e taciturno. Alcuni dicevano che fosse un accanito repubblicano, una circostanza provata dalla premura con la quale si era impossessato del castello di Rieux a danno della vecchia marchesa d’Ouëssant, l’ultima aristocratica di Rieux, allora riparata in Inghilterra. Altri sostenevano, al contrario, che fosse un partigiano in incognito dei principi in esilio, e che il castello in suo possesso fosse, semplicemente, un anticipo, di cui conservava preziosamente la proprietà a favore dei padroni legittimi.
Quest’ultima opinione era la più accreditata, e garantiva a Monsieur de Vauduy una certa popolarità nel paese; e ciò perché non v’è bisogno di ricordare ai nostri lettori il malcontento che serpeggiava nelle campagne bretoni nei confronti del governo repubblicano.
Del resto, tutte le voci che circolavano sul conto di Monsieur de Vauduy erano congetture più o meno probabili e null’altro. La sua porta, infatti, restava solitamente chiusa; non incontrava nessuno, eccetto, a volte, Jean Brand, ex sagrestano di Saint-Yon, al tempo in cui la chiesa era aperta a tutti e il dottor Saulnier era il medico del borgo.
Il cittadino Saulnier aveva alcuni tratti morali in comune con Monsieur de Vauduy. Era anch’egli un uomo freddo e severo; ma le sue opinioni repubblicane, spinte all’eccesso, non erano un mistero per nessuno; e, siccome i contadini dei dintorni, che si erano già più volte ribellati alla Convenzione, attribuivano ai soldati regolari il soprannome Blu, da Redon fino a Carentoir il dottore era allora conosciuto perlopiù come il medico blu. Costui non era molto amato nel paese, poiché, più volte, si era volontariamente unito alle truppe repubblicane che perseguitavano gli insorti realisti; ma tutti gli riconoscevano all’unanimità l’abilità e il talento professionale, che lo difendevano dalla pubblica malevolenza.
Vi era un’altra ragione che attenuava l’ostilità dei suoi compaesani, ed era il fatto che aveva una figlia, oggetto di rispetto e di amore da parte di tutti.
Si chiamava Sainte e aveva quasi quattordici anni; ma, chi non la conosceva, le avrebbe dato due anni di meno nel vederne il sorriso infantile e il candore angelico della fronte. E tuttavia, a volte, quando era lontana dalla gente e donava l’anima alle fantasticherie suggerite dalla solitudine, si scorgevano i grandi occhi azzurri che si ravvivavano sotto le ciglia delle palpebre socchiuse. Il viso affascinante, allora, si faceva serio e le labbra le si serravano, nascondendo lo smalto abbagliante dei denti; la linea delle sopracciglia, così nera e netta al punto da sembrare che fosse stata tracciata dal pennello di un abile pittore, si intensificava, delineando la curva audace del suo arco; tutto il suo viso, insomma, privandosi dell’incerta dolcezza dei primi anni, incarnava la beltà di un’altra epoca.
In Bretagna, dove tutto presta il fianco a superstiziosi presentimenti, quel nome, Sainte, e la precoce malinconia che, talvolta, incupiva così tanto, senza alcun apparente motivo, quel radioso viso di fanciulla, sembravano un presagio di morte imminente. Quando passava, i contadini si toglievano il cappello, e le donne si profondevano nella loro migliore riverenza.
«Buongiorno, signorina!» dicevano.
Poi, volgendosi, guardavano con ingenua ammirazione la leggerezza del suo incedere e aggiungevano, segnandosi devotamente: «Che Dio la benedica! Sarà presto un altro angelo in cielo.»
Nel frattempo, agiva già come un angelo in terra. In tutto il borgo, non v’era una povera capanna di cui, più di una volta, non avesse varcato la soglia. Andava ovunque a portare aiuto e consolazione. La sofferenza sembrava svanire al cospetto del suo viso fresco e dolce e, quando arrivava, le grida di dolore si tramutavano in mormorii di allegria e di benedizione.
Sainte aveva come amica la figlia del predetto sagrestano di Saint-Yon: Marie Brand. Marie, bella quanto la sua compagna, aveva anche molto coraggio, ma una cattiva indole. Era orgogliosa oltre misura, una circostanza che sarebbe parsa molto ridicola riguardo alla figlia di un povero contadino se Marie, arguta e abituata a parlare come la gente di città, non fosse stata educata meglio delle sue amiche. Abitava in casa di suo padre soltanto da quattro anni. Jean Brand, vedovo, l’aveva portata un giorno da molto lontano, diceva, senza fornire ulteriori spiegazioni. Infatti, al borgo di Saint-Yon era noto a tutti che Jean Brand non amava molto le domande indiscrete.
Nei primi mesi successivi al suo arrivo, Marie stabilì una salda amicizia con Sainte. Le due giovani condivisero quindi le gioie e i dispiaceri d’infanzia; si confidarono i loro piccoli segreti, si rivelarono i progetti per l’avvenire, le fantastiche e misteriose speranze che sgorgano nel cuore delle ragazze. Ed era parso che, sulle prime, il cittadino Saulnier avesse considerato quell’amicizia senza alcun cenno di ripugnanza. Ma, in occasione della prima sollevazione di Morbihan, che ebbe luogo nel 1791, Jean Brand fu sospettato di aver fatto parte della schiera degli insorti. Da quel giorno, Sainte ricevette l’ordine di non incontrare più Marie. Pianse, ma obbedì.
Questa è la fine dell’anteprima gratuita.
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