La tartaruga

Dal diario di Adriana – Giorno 1

La tartaruga di Adriana Pannitteri

Oggi è il  29 marzo del 2020. Mi sono svegliata e piove in modo pacato. Il cielo è grigio ma gli uccellini non si arrendono. Sono i pappagalli che da diversi mesi  hanno occupato uno dei miei alberi in giardino e vi risiedono tenaci e rumorosi.  Sbucano a folle velocità da chissà dove e sbottano in conversazioni  stridule per poi acquietarsi con la stessa tenacia. Per quanto mi sia sforzata di capire quanti fossero non sono riuscita a contarli perché mai me ne ero rimasta dietro il vetro della finestra inerme.  Oggi – ripeto – è il 29 marzo e dovremmo essere all’incirca alla terza o quarta  settimana di misure straordinarie  per evitare il contagio. Ho perso il conto.

Hashtag: niente sarà come prima. O tutto sarà come prima.

Scrivo tardivamente perché farlo prima mi sembrava un esercizio scontato e inutile. Mai come oggi tutti sanno tutto di tutti perché basta infilarsi in facebook. Lì il mondo si esibisce in tute da ginnastica improbabili,  imbracciando scopettoni e aspirapolveri di marche assurde, e quelli che avevi conosciuto in giacca e cravatta li scopri felicemente arruffati e scapigliati. Continuiamo a gridarci l’un l’altro: io resto a casa, con hashtag ovviamente, ma anche stare a casa è una disperata ricerca di consenso e di visibilità. Insomma il palcoscenico parallelo delle nostre vite. Mi chiedo se un giorno ritroveremo le nostre vere esistenze,  quanto ci vorrà, se saremo diversi ma anche questo è scontato e inutile. Hashtag: niente sarà come prima. O tutto sarà come prima.

Chi ha il tempo di guardare dalla finestra del proprio giardino?

Quindi oggi ho deciso di prendermi tutto il tempo che ci vuole per cercare di contare i pappagallini sull’albero proprio al centro del mio giardino. E visto che piove posso farlo dalla mia finestra, poggiandomi con i gomiti sul davanzale leggermente opaco di polvere. Devo solo attendere e osservare con calma, con estrema calma, tutto ciò che non avevo potuto vedere prima. Signori, chi si mette a guardare dalla finestra del proprio giardino? Chi ha mai il tempo di farlo?  Nessuno, in assenza del virus.

Intanto  scopro alcune cose davvero interessanti.  Prima di tutto quanti alberi ci sono nel mio piccolo giardino. Un ciliegio, poi un giovane e sottile limone che la scorsa settimana ci ha donato qualche frutto, e infine una palma e un fico d’india. Questi ultimi, in realtà, dalla mia prospettiva si trasformano in una sorta di ibrido che non ha ragione di esistere in botanica. I  pappagallini si insinuano tra le foglie di palma – verde su verde –  ed è per questo che, come accade in natura per gli animali che sanno come mimetizzarsi, non riesco a contarli. Il fico d’india è davanti. Il tronco è biforcuto e ritorto, azzannato da un’ultima imprecisa potatura, e le pale bruzzolose si inerpicano scomposte verso la palma. Mi ricordano le orecchie di Topolino in un fumetto.

Tutt’intorno la siepe anonima che protegge il nostro prato dallo sguardo dei vicini (ma ora dove sono?) e sul lato sinistro, sempre dalla mia prospettiva, chiazze porpora  sul vialetto lastricato, lasciate dalle rose sbocciate all’affaccio della primavera e calpestate dai nostri pochi passi e da  quello che gli esperti chiamano il colpo di coda dell’inverno. No, non li vedo. Mi sforzo di fissare la palma ma c’è un silenzio di tomba. Le migrazioni in fasce orarie di questi curiosi pappagallini sfuggono al mio occhio ma soprattutto alla mia conoscenza.

Che cosa c’è dall’altra parte del tunnel?

Mi pare di scorgere tra la terra bagnata e il bordo del muretto di recinzione una parte della corazza lucida della mia tartaruga che ha sempre vissuto per conto proprio. Puntuale il primo giorno di primavera aveva fatto capolino ma poi è arrivato, appunto, il colpo di coda dell’inverno ed è rimasta così a metà, indecisa sul da farsi. Come del resto tutti noi. A metà tra il mondo di sempre e ciò che ora vediamo dalla nostra finestra. Un limbo inquietante come il tunnel di certi film di fantascienza, sospesi tra passato e presente, incerti sul futuro, impauriti, fragili e senza una guida. Che cosa c’è dall’altra parte del tunnel?