Cassandra

Cassandra di Mattia Vanfiori

Terribile e cattivo. Un romanzo nero che spaventa.

Marco, uomo infelice e insoddisfatto della propria vita, si intrattiene tutte le sere in un parco, rimuginando sui suoi tanti fallimenti. Un giorno, nota una bella adolescente in tuta da jogging, il cui fascino gli strappa un sorriso, ma quando la giovane gli si avvicina e gli parla, tutto evolve in peggio.

La ragazza si presenta come Cassandra e gli predice una serie di eventi sfortunati, che culmineranno con la sua prematura morte. Marco tenta di non dare credito a simili superstizioni, ma i giorni per lui diventano più difficili e la paura che gli accada qualcosa di terribile è sempre dietro l’angolo. 

Marco deve fare una scelta: continuare con la propria vita come se niente fosse, oppure affidarsi alle parole della ragazza, che gli promette la purificazione.

Cosa sceglierà? Ma, soprattutto, chi è davvero Cassandra? E chi sarà mai il misterioso santone in grado di restituire la pace alle anime tormentate?

A Marco non resta che scoprirlo…



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Cassandra:

1

C’era un parco in città, dove andavano tutti coloro delusi dalla vita.

C’era una ragazza che faceva jogging in quel parco e aveva occhi da cerbiatta che incantavano al solo scopo di distogliere l’attenzione dalle sue zanne di leonessa.

La sua bellezza celava un fine istinto predatorio. Come se quegli occhi verdi nascondessero un radar, lei riusciva con una sola occhiata a individuare la persona venuta in quel parco perché infelice. 

Coloro che rimuginavano sul proprio dolore, quelli che non avevano nessuno, che si sentivano smarriti e abbandonati, in un mondo che non riconoscevano. Che fossero uomini o donne, non potevano sfuggire al fascino della ragazza.

Lei si fermava, sfoderava un sorriso invitante e, quando era abbastanza vicina alla sua preda, le rivelava come sarebbe morta entro poco tempo.

2

Marco sedeva su una panchina, sotto le foglie di un imponente albero. Talvolta si grattava il collo, aveva l’impressione che sudici insettini caduti dai rami, zampettassero sulla sua pelle, insinuandosi sotto il colletto della camicia. Rabbrividiva dal disgusto, ma non si spostava da lì.

Il sole volgeva al tramonto e i cancelli del parco sarebbero stati chiusi a breve, eppure lui tardava ad alzarsi, e la sua espressione supplice sembrava voler dire “Andare dove? Non c’è nessun posto per me”. 

Quarant’anni compiuti e sentiva di non aver ancora superato la depressione tipica dell’adolescenza, quando scopri di non poter realizzare nulla di importante nella vita.

Aveva sempre invidiato il carattere poco riflessivo dei suoi compagni di classe, così come ora odiava quello dei suoi colleghi d’ufficio, che pensavano solo a lavorare, organizzare mangiate e poi riprendere quell’insignificante vita, giorno dopo giorno, fino alla morte che avrebbe consacrato il fallimento di un’esistenza misera.

Fissò l’anulare sinistro, carezzandosi la fede. Non era dolce il suo sguardo.

Quel tocco sembrava una carezza disperata verso qualcosa al quale presto avrebbe detto addio. Persino con la moglie aveva fallito.

Questo era Marco, questa era la sua vita.

Dei passi lo distrassero, e sollevò lo sguardo. Chi si attardava ancora nel parco degli infelici?

Una bellissima ragazza in tuta da jogging si stava avvicinando. Correva senza fatica, il suo respiro riempiva il silenzio.

Egli non era certo il tipo da correre dietro alle adolescenti, ma quel visetto era tanto grazioso che non poté fare a meno di ricambiarne il sorriso.

«Che dolce» pensò.

Si meravigliò, tuttavia, quando la ragazza ebbe l’ardire di sedersi, anche troppo vicino al suo fianco.

«Ragazzina, non dovresti tornare a casa?  I tuoi genitori saranno in pensiero».

Lei, per tutta risposta, si avvicinò di più. Marco non era certo il tipo da fare la paternale a qualcuno, ma non sopportava tanta sfacciataggine in una ragazza tanto giovane. Eppure, ammutoliva dinanzi al suo sguardo.

Gli occhi verdi che lo avevano tanto intenerito, adesso gli misero addosso un profondo senso di angoscia. Peggio ancora quel sorriso che stavolta non riuscì a ricambiare, poiché più lo guardava, più pensava a eventi funesti, quasi convinto che la sola intensità di quello sguardo potesse causargli la morte.

«Senti, ragazzina, so che sei giovane e alle tue prime esperienze, ma bada bene a non giocare con il fuoco!».

Era lei, però, ad essere fuoco e lui misera paglia che rischiava di incendiarsi. Non era piacere ciò che provava, né attrazione, quanto piuttosto un nauseante disagio, un superstizioso timore, sentimenti ben lontani da un’innocente e momentanea debolezza d’animo. 

Quella ragazza lo faceva sentire male a tal punto che, per un momento, si dimenticò perfino di odiare la sua vita e fece di tutto per rimanerne aggrappato, per trattenerla a sé come l’amante più cara, temendo che potesse abbandonarlo da un momento all’altro.

Non gli restava che tornare a casa.

«Lasciami il braccio!» gridò l’uomo, e si liberò di lei con uno strattone. 

Non fu, però, abbastanza svelto da fuggire prima di aver udito tali parole:

«Presto morirai».

Questa è la fine dell’anteprima gratuita. 

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