Delle brave persone

Delle brave persone - Emanuele Telesca

Delle brave persone di Emanuele Telesca –

La vicenda di una famiglia raccontata dalle mura della loro casa, un casa che li osserva, li vede, sa quello che si cela nel profondo delle loro anime.

Può una casa parlare? Se le sue mura potessero raccontarci quello che vedono quotidianamente, che cosa ci direbbero sulle persone che la abitano? Che cosa potrebbero carpire le quattro mura di un appartamento borghese posto in una palazzina decorosa e ben tenuta? Segreti certo, paranoie, tic e piccole ossessioni dei suoi abitanti ma anche e soprattutto la logorante, insulsa, faticosa quotidianità. Una routine sempre uguale appesantita da persone che dialogano senza parlarsi, affetti cristallizzati in qualcosa che non esiste più, marito e moglie, genitori e figli che convivono e pur non si capiscono.

Delle brave persone è la storia di una famiglia normale, borghese e un po’ scontata raccontata proprio dalle mura di casa, mura che hanno visto, ascoltato, capito; mura che sanno come sia stato possibile arrivare al terribile e tragico epilogo che, se solo non fossero state imperscrutabili e muti osservatori, forse, avrebbero potuto evitare.

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Delle brave persone:

1

«Sono una casa. Un appartamento medio borghese, qualunque cosa questo voglia dire. Non sono voce narrante di questa vicenda. Ne sono, piuttosto, una testimone oculare. Incidentalmente attrice non protagonista. Quattro mura che racchiudono una storia. Sono prima e quarta di copertina. Dal mio balcone ammiro risaie e campi di grano che, protese lungo la linea dell’orizzonte, consentono d’intravedere un folto bosco cittadino.

Mi ritrovo sul confine della città. Lo presidio non per scelta: quando fui costruita ne ero al di là. La metropoli, tentacolare, mi ha avviluppata a sé.

Sono immersa nel silenzio. Non che prima, con loro, fossi abituata a un vociare continuo. Ma almeno erano qui con me. Lugubre e spaventosa, vivo al buio. Le volte in cui vengono issate le tapparelle la luce mi inonda. Abbagliata, ispiro profondamente, facendone il pieno, dell’aria nuova che mi invade a finestre aperte.

Sono ammobiliata. Tutto è rimasto intatto da quel giorno. Chissà per quanto tempo resterò invenduta, senza scopo. Sì, perché io sono senza uno scopo: una casa vuota non ha alcun senso. Nasco per accogliere, ospitare, dare il benvenuto, scaldare e proteggere. La mia esistenza strutturale è, al momento, fine a se stessa. Vorrei potermi muovere, scuotere i muri, aprire porte, infissi e ante. Non mi è permesso, questa è la mia natura di immobile. Poggio su fondamenta e reggo soffitti mentre rimugino su quanto è accaduto. Si poteva evitare? Il loro destino era già scritto? La trama poteva essere stravolta o erano protagonisti di una sceneggiatura da rispettare pedissequamente? Non ho una risposta. Le riflessioni profonde non mi appartengono. Non ho un cervello. Sono un coacervo di cemento, mattoni, ferro, tubature, cavi elettrici e infissi. Ingredienti ben amalgamati e uniti a forza. Se davvero potessi parlare e ragionare sarei considerata come la casa degli orrori. Altro che i titoli di giornale sparati in prima pagina dai media dopo quel giorno. Per accaparrarsi lettori si è disposti a raccontare ogni sorta di nefandezza. La riservatezza viene sbriciolata. L’audience vuole essere sfamata. Mi ritrovai decine di telecamere e microfoni puntati contro. Non so a chi possa interessare un simile episodio. La cronaca nera affascina perché è turpe, diabolica. Permette di rimestare nel torbido senza inzaccherarsi. Le tracce di sporco son rimaste qui, le custodisco a perenne memoria.

Per quanto mi sforzi certe cose non le capirò affatto. Sono una casa, non ho un cervello sotto al tetto. Che pure ad averlo, comunque, non è detto che lo si utilizzi. Quanto è successo dentro le mie stanze ne è la prova inconfutabile.»

Damiano ama sua moglie più di tutto, persino più della torta al caffè della Paola che a ogni morso ti fa toccare il cielo col cucchiaino. Damiano ricorda di amarla dal primo giorno in cui l’ha vista, e non rammenta di aver provato qualcosa di simile per nessun’altra. È stato un sentimento così limpido ed entusiasmante da averlo spinto alle gesta più impavide, prima tra tutte chiederle la mano per condividere questa vita, finché la morte non reclamerà il proprio tornaconto.

Per lei ha pianto, ha riso, ha corso, ha viaggiato, ha colorato, ha scritto canzoni, ha persino iniziato a credere in Dio. Damiano non immagina un destino senza di lei, nemmeno crede possa esistere.

Eppure Damiano da qualche tempo avverte un vuoto. Naviga a vista, si sente come immerso in una bolla. Sfugge a ogni razionalità, a ogni controllo. È così immateriale, eppure concreta. Si può toccarla, ma non trattenerla. Volendo trovare un nome alle emozioni, la si sarebbe chiamata paura. Più precisamente terrore: quello che il rapporto con sua moglie possa essere arrivato al termine.

Mangialo quel dolce, mangialo. Non aspettare che sia io a preparartelo. Cucinare non è un piacere. È necessario riempire lo stomaco con del cibo per sopravvivere. Il nostro frigo è sempre vuoto. Non riusciamo a programmare i menù familiari. Decidiamo all’ultimo cosa imbastire. Si esce dall’ufficio e si passa, in tutta fretta, dal supermercato. Si acquista a caso, possibilmente pietanze non complesse da preparare. Così siamo tutti contenti. Per prima io, che di indossare i panni della brava massaia non ne ho alcuna voglia. A seguire le bimbe, che fagocitano ciò che trovano in tavola prima di ritornare a giocare. Infine tu, che puoi spiluccare vantandoti di essere a dieta. Perennemente.

All’inizio del matrimonio deliziavo il tuo palato con gustosi manicaretti. Perlustravo libri di ricette, combinavo nuovi sapori, chiedevo consigli e rispettavo tutti i sacri crismi della dieta mediterranea. Salute e sapore. Da parte tua mai un complimento o un apprezzamento. Al massimo il mio piatto veniva accostato a qualche famosa produzione di mia suocera, senza mai raggiungerne le vette. Poco alla volta ho mollato il colpo. Ho ridotto il ventaglio delle preparazioni e degli ingredienti divenendo ripetitiva. L’affievolimento della passione si è tramutato in pasti scialbi e incolori. Commestibili, a dir tanto. Sai che c’è, addio fornelli! L’arrivo delle figlie mi ha fornito un valido pretesto per questa ritirata, evitando litigi e scenate.

Superiamo lo scoglio della cena grazie al microonde e alla sua fedele compagna, la lavastoviglie. Evitare sbattimenti è l’obiettivo. La tavola sgombra di astanti, i piatti e i bicchieri infilati a casaccio nel cestello. Si imposta il programma di lavaggio ecologico: quattro ore a ciclo continuo. La serata può scivolare verso una soporifera conclusione. Tu non dirmi niente, per carità! Non vorrai confidarti con me delle paranoie che ti attraversano la mente, non sia mai! No, il problema è tutto in quel fottutissimo e maledettissimo dolce al caffè. Come vorrei dare fuoco alla pasticceria di Paola, con lei dentro insieme a te. Sai che ridere! Un aroma di caffè tostato circolerebbe anarchico per le vie del quartiere tenendoci svegli fino all’alba, ammaliati dal crepitio delle fiamme e dalla prestanza dei pompieri.

2

Delle prime avvisaglie Damiano non ha tenuto conto. Una certa freddezza è episodica. Si giustifica in talmente tanti modi da apparire come un sintomo secondario e refrattario, inevitabile nei rapporti di lunga durata. Stanchezza, stress, luna storta, congiunzioni astrali, il mutuo, le bollette: vivere non è una strada rettilinea. Lui ha risposto colpo su colpo, al meglio delle proprie possibilità. Piccoli regali, cioccolatini, fiori, cuori di carta e messaggi d’affetto distribuiti per casa. Sua moglie li apprezza, ringrazia, lo bacia. A volte fanno persino l’amore. Ma Damiano ha come l’impressione che lei non sia coinvolta, che nel frattempo stia pensando ad altro. E così il sesso ha perso ogni riverbero di passione, trasformandosi in un complesso intrico di suggestioni. Damiano non gode della sua pelle, del suo corpo, delle sue mani. Damiano fa l’amore e si danna l’anima a immaginare quali idee attraversino in quel preciso istante la mente di lei. Nel silenzio della loro stanza da letto interpreta le declinazioni dei suoi respiri. Lui prova a trattenere il proprio per captare la frequenza e la profondità degli atti respiratori di sua moglie. Le apnee si prolungano. L’ipossia, alla lunga, può rivelarsi letale: lui non ci capisce niente e rischia di morire soffocato prima di raggiungere l’amplesso.

Questa è la fine dell’anteprima gratuita. 

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