La capanna

Dal diario di Adriana

Dopo qualche giorno sono tornata al mio diario.

Il mondo in Italia vive la cosiddetta fase tre del covid 19 ovvero possiamo viaggiare da una regione all’altra, vedere gli amici possibilmente con la mascherina, metterci comunque in fila. Ma su questo punto sembra si sia riusciti a organizzarci.

La sindrome della capanna

Sul raccordo anulare è tornato il traffico, le auto in panne, gli automobilisti prepotenti e indisciplinati che non vedevano l’ora di insultarsi. A dire il vero mi sono sentita anche io in panne. Gli psichiatri l’hanno chiamata la sindrome della capanna. Ovvero: te ne sei stato dentro casa più possibile, con licenza di poltrire un pochino di più e di non sentirti in colpa verso il mondo che, finalmente, non si aspettava granché. Quelli come me, affetti da perfezionismo e dalla necessità di dimostrare a tutti i costi che valgono, si erano finalmente rilassati.

Sono tornati anche i buoni e i cattivi

Fuori il mondo continua a farsi molto male. Sono tornate le rapine, gli stupri (erano rimasti all’interno delle mura domestiche ma purtroppo oltre a indignarsi nessuna faceva niente), gli incidenti stradali, le guerre, i poliziotti bianchi cattivi che uccidono i neri soffocandoli con un ginocchio o che spingono a terra un anziano e se ne vanno mentre quello perde sangue dalla testa. Sì, sono tornate anche le manifestazioni di protesta per difendere i buoni ma i buoni sono sempre costretti a fare qualcosa per difendersi dai cattivi che, a quanto pare, sono cattivi perché sono cresciuti alla scuola della sopraffazione e della violenza.

Nelle strade è un tappeto di guanti e mascherine gettate a terra perché a noi, signore e signori, non interessa che dopo aver schivato la morte si possa inquinare il pianeta. Siamo maledettamente miopi e persino sordi sebbene chi abbia questa privazione dei sensi sia abile a percepire la realtà in altro modo.

La sindrome della capanna non è una fuga. È un’autodifesa. Chissà…