Il porcospino

Dal diario di Adriana
Giorno 10

Questa  mattina ho percorso a piedi alcune centinaia di metri per andare in farmacia. Mi sono incamminata verso il vialetto dietro casa, lentamente,  assaporando i  miei passi con il  sole – che finalmente è arrivato – a scaldarmi la pelle.  Ho sperimentato la bellezza del silenzio e della solitudine fin quando, dietro l’angolo, ho incrociato un signore senza mascherina e ho avuto un po’ di paura.

Qualche giorno fa su un autorevole quotidiano Walter Veltroni ci ricordava il dilemma del  filosofo Schopenhauer rappresentato in un breve racconto sufficientemente esplicito e comprensibile: il dilemma del porcospino.

Il dilemma del porcospino

Gli esseri umani sono animali sociali, fatti per stare gli uni insieme agli altri – intendeva dire il filosofo – ma quando sono costretti a stare troppo vicini,  come i porcospini con i loro aculei,  possono mostrare i loro difetti e fare del male. Allo stesso tempo allontanandosi e non potendo più farsi scudo dei propri corpi quando fa freddo rischiano di morire. La metafora sul genere umano e soprattutto sulle relazioni tra persone mi pare particolarmente azzeccata. L’illustre filosofo interrogava in buona sostanza tutti noi sul dilemma tra la socialità e la solitudine. Che non sia una questione facile da risolvere e una volta per tutte è ben chiaro. Le relazioni umane – lo sappiamo – sono una sfida e persino un rischio, impegnano i nostri cuori e qualche volta ci fanno soffrire.  Ma la solitudine? La paura dell’altro?

La semplice influenza

Alcuni altrettanto illustri pensatori moderni e tra questi il filosofo Giorgio Agamben (chi ha voglia e tempo vada a leggersi a questo proposito l’articolo del  Corriere della Sera) continuano a sostenere che le misure emergenziali adottate in questo periodo per fermare il contagio da Covid19 hanno solo l’obiettivo di diffondere il panico. Il filosofo parla di una semplice influenza utilizzata dai governi per sospendere le nostre libertà e instillare l’idea che la nostra sicurezza sia possibile solo attraverso le limitazioni. Insomma si tratterebbe di un raggiro del potere per renderci più pavidi e ubbidienti. La storia ha sperimentato idee di questo tipo. Pensiamo alla paura del diverso, dello straniero, dell’uomo nero e così via, utilizzate per fomentare l’odio e anche le guerre.  E quindi chi è più lungimirante fa bene a mettere in guardia le persone.

Ma nell’attuale situazione le idee di Agamben – molto acclamato anche nell’ambiente accademico statunitense – mi sembrano piuttosto lontane dalla realtà. Forse dobbiamo imparare a gestire la paura e la diffidenza e chissà quando torneremo spensierati ad abbracciarci e a non temere il vicino di casa a spasso senza mascherina.  Ma ho l’impressione che qualche volta i filosofi nella loro splendida solitudine dimentichino di guardare il mondo. Eppure basta affacciarsi dalla finestra per vedere la gente che muore. Mi sembra l’unica drammatica  verità.