Creature di mezzo

Creature di mezzo di Enrico Antonio Cameriere

Il cinema. Ma cosa si nasconde dietro la macchina da presa?

Creature di mezzo è un’antologia di racconti eterogenea, scritti in un lungo arco temporale che mostrano l’evoluzione dello stile. Il cinema, la luce e la ripresa, sono spesso elementi centrali.

Vi sono storie poetiche, comiche, surreali, spaziando in ogni sfumatura dell’essere umano, senza trascurare la scenografia che, anzi, prende vita rivelandosi spesso grazie a particolari profumi, colori e sapori. Tutto è palpabile. Le descrizioni prendono forma e si materializzano agli occhi del lettore, grazie alla ricerca sapiente del particolare, delle innumerevoli vibrazioni della luce, delle molteplici sfumature di colore in cui si dispiega la realtà.

Sono tanti, piccoli, preziosi itinerari che conducono lungo un viaggio, spesso intimistico, fra le pieghe dell’animo umano.

Il carattere dominante della narrazione rimane, però, l’originalità del punto di vista: una particolare prospettiva dalla quale l’autore muove la sua interpretazione della realtà senza rinunciare – accanto alle riflessioni più serie – a guardare alla vita con ironia.

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Creature di mezzo:

Il ragno e la pupa

Rigirò ancora attorno, guardandola attentamente. Si fermava, tornava indietro, osservava minuziosamente ogni piccolo dettaglio. Anche se faceva minuscoli passi, era velocissimo. Alla fine, concluse che era proprio una bella ragnatela.

Si mise alla base del rametto sul quale era tesa: dei raggi di sole infuocati le davano volume e facevano splendere delle goccioline argentee che si erano formate; era quasi terrorizzato dal fatto che un insetto rimanesse intrappolato e gliela rovinasse.

Si sentivano solo dei grilli lontani in mezzo al grano che ondeggiava ozioso e il cinguettio di pochi uccelli, ma nessun altro essere vivente in vista e quindi nessun pericolo. Poteva godersi lo spettacolo della propria opera. Certo sotto altri aspetti era una macchina di morte, ma per lui aveva un fascino infinito, quelle forme geometriche erano astratte e assolute, egli riusciva a concentrarsi in esse svuotandosi da ogni intenzione o desiderio.

Un tiepido alito di vento fece tremare la ragnatela, che si gonfiò appena come una vela, ritornando immediatamente dopo alla forma originaria.

Tutto era calmo e tranquillo, e il ragno aveva una consapevolezza di sé e delle sue sensazioni e questo tipo di appagamento lo indusse a muoversi un poco e a vedere vecchie cose con occhi diversi.

Dietro alcune foglie scorse un batuffolo di fili intrecciati: era abbastanza nascosto e non lo aveva notato prima; la sua giovane età non gli aveva permesso di osservare tutto, e senza dubbio quella gli sembrava una cosa nuova e interessante.

Avvicinandosi un poco, notò che dal groviglio di fili provenivano dei suoni imprecisati. All’inizio lievissimi, quasi impercettibili. Come un ronzio indistinto, finché capì che all’interno per uno strano motivo era intrappolato un insetto: gli sembrava una buona occasione per fare amicizia. Si avvicinò e cominciarono a parlare.

Col passare del tempo il suo rapporto con l’insetto, una pupa, diveniva sempre più intenso: lui era contento di farle compagnia, ma quello che lo appassionava di più era che era diventato un tramite tra la pupa, segregata in quella prigione, e il resto del mondo.

Guardava la natura per la pupa e poi gliela descriveva, questo gli permetteva di guardarsi dentro e di capire tutte le più piccole cose, di esaminare ogni sensazione, che altrimenti gli sarebbe sfuggita, e sulle quali normalmente non si sarebbe soffermato.

Ogni alba era diversa dall’altra, ogni cielo stellato aveva delle nuove fascinazioni.

La pupa era incantata da questo mondo magico che il ragno, giorno dopo giorno, le stava costruendo ed era terrorizzata dall’idea di vederlo con i propri occhi, voleva solo la dimensione magica e incantata che stava realizzando.

Ogni esperienza era unica. Il vento, ad esempio, non soffiava allo stesso modo sul grano: a volte un libeccio che sapeva di aceri e cupidigia, carezzava voluttuosamente le messi, altre volte uno svogliato scirocco impastava le spighe con sabbia del deserto e scaglie di mare. In alcuni casi un luminoso maestrale che sapeva di glicine e passioni di amanti appagati si appoggiava pensoso, altre volte tagliava i campi con impeto nervoso.

Quello era il loro mondo e a loro piaceva vivere lì.

La luce si poggiava sulle cose in maniera sempre differente, questo era sempre accaduto, ma adesso il ragno era in grado di coglierlo.

Anche i rumori erano percepiti da lui in maniera diversa, erano più pieni e intensi.

Col passare del tempo il ragno parlava sempre meno con la pupa, dopo essere stato immobile a guardare il mondo, si metteva vicino a lei e stava fermo: erano attimi magici.

Il loro legame era sempre più forte e solido, loro vivevano oramai nel loro mondo che si erano costruiti: l’uno aveva bisogno dell’altro per creare nuove magie e fascinazioni.

Il loro era un rapporto speciale e la loro unione aveva trovato la porticina per entrare nel loro mondo parallelo.

Un giorno, però, il bozzolo si aprì, e una meravigliosa farfalla uscì. Il ragno fu incantato da tanta bellezza, non immaginava che da una pupa potesse essere generato un simile incanto.

Questa è la fine dell’anteprima gratuita. 

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